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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24417 del 22 giugno 2021, ha ribadito ancora una volta come la tutela preventiva della salute e della sicurezza sul posto di lavoro dei lavoratori non possa in alcun modo possibile prescindere dall’attività formativa.

Nella sentenza infatti si sottolinea che: “i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi e l’adempimento di tali obblighi non é escluso né é surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro”.


Fatto

1.P.F. ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 12 settembre 2018, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la condanna emessa a suo carico dal Tribunale di Bassano del Grappa il 28 ottobre 2013 per il delitto di omicidio colposo (art. 589, commi 1 e 2 cod.pen.) contestato come commesso in danno del fratello L. in data 9 luglio 2010.
L’imputato risponde del delitto de quo quale titolare della COMAC s.r.l. e datore di lavoro della vittima: quest’ultimo stava eseguendo lavori di messa in sicurezza di una parete rocciosa attraverso fissaggio di reti, quando decideva di calarsi verso il basso mediante lo scorrimento della doppia corda; purtroppo, la corda finiva e, in mancanza di un dispositivo di blocco (nodo di fine corsa o similare), il lavoratore cadeva all’indietro verso valle impattando contro le rocce e finendo sulla strada sottostante, ciò che ne determinava il decesso sul colpo.
Sia in primo che in secondo grado é stata esclusa la rilevanza causale di alcuni profili di colpa specifica (la mancanza di imbracatura con cosciali e bretelle, anziché soli cosciali, il mancato utilizzo dell’assorbitore di energia), mentre si é attribuita rilevanza eziologica alla mancanza del nodo di arresto e all’utilizzo di una corda troppo corta, nonché alla mancata formazione professionale del lavoratore, della quale il datore di lavoro é chiamato a rispondere.
2.Nell’unico motivo di lagnanza, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle modalità operative adottate in occasione dell’infortunio e alla sussistenza del nesso causale tra il mancato assolvimento dell’obbligo formativo e l’infortunio. Sotto il primo profilo (le modalità operative), il ricorrente deduce che la Corte lagunare ha omesso di considerare gli esiti probatori sia con riguardo alla questione della mancata adozione di un nodo o dispositivo di fine corsa, sia con riguardo alla questione della corda troppo corta: su ambedue i punti, viene richiamata (e ampiamente trascritta) la deposizione del teste D., collega della vittima, che era con lui al momento dell’incidente, che aveva spiegato le ragioni per le quali non era stato applicato un nodo di fine corsa e perché era stata scelta una corda corta; viene poi trascritto un ampio stralcio della deposizione del consulente a discarico B. (di professione formatore), che confermava la fondatezza e correttezza di quanto asserito dal teste D.. Quanto all’obbligo formativo, conseguentemente, il ricorrente rileva che, quand’anche fosse stata impartita al lavoratore la formazione necessaria, nulla sarebbe cambiato, avuto riguardo all’accertata correttezza della scelta operativa adottata nell’occasione.

 

Diritto

1.Si premette che, pur a seguito dell’esclusione di alcuni profili di colpa specifica, residua comunque – nella motivazione della sentenza impugnata – un altro profilo di colpa specifica riferibile alla violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (con conseguente configurabilità dell’aggravante di cui al secondo comma dell’art. 589 cod.pen. e del connesso raddoppio del termine di prescrizione di cui all’art . 157, comma 6, cod.pen .): ci si riferisce alla violazione – specificamente contestata nell’imputazione – di quanto previsto dall’art. 116, comma 2, d.lgs. 81/2008, in base al quale il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.
2.Ciò premesso, il ricorso é infondato.
Invero, sia sulla base della motivazione della sentenza impugnata, sia sulla base delle stesse deposizioni del teste D. e del consulente di parte B., risulta in primo luogo evidente che l’infortunio fu causato congiuntamente dalla insufficiente lunghezza della corda e dall’assenza di un sistema di blocco di fine corsa (si trattasse di un nodo, o di altro apposito dispositivo), atteso che, ove la corda fosse stata di lunghezza adeguata e fosse stato soprattutto presente il dispositivo di fine corsa, l’incidente non si sarebbe verificato. Risulta inoltre, e soprattutto, che, sebbene la lunghezza delle corde fosse stata calibrata in modo da evitare gli inconvenienti di una corda troppo lunga con un tratto di strada sottostante, nondimeno lo stesso teste D. ammette che «Forse le corde erano un po’ troppo alte, ecco»; e, quanto al nodo di fine corsa, la ragione principale addotta dal teste per la mancata adozione di tale soluzione era quella di evitare incagli (analoga spiegazione veniva fornita dal consulente B.), salvo poi precisare che la presenza di un nodo poteva rappresentare un pericolo nel caso di lavori eseguiti con corde lunghe 60-70 metri, non con corde di 15-20 metri di lunghezza, come nel caso di specie. In proposito, fornendo risposta alle censure difensive oggi riproposte, la Corte di merito correttamente osserva che «in un giudizio di valore la maggiore agilità o speditezza del lavoro non può superare la necessaria adozione dei presidi di sicurezza »; e che proprio l’assenza del nodo di fine corsa (o di altro dispositivo avente analoghe funzioni) non poteva consentire di lavorare in piena sicurezza, avendo a disposizione una corda troppo corta.
La scarsa tenuta logica delle argomentazioni poste a base della prospettazione difensiva, con riguardo alle prassi da seguire in simili condizioni (la cui mancata osservanza ha evidentemente avuto rilievo determinante sul verificarsi del sinistro), comporta la fondatezza dell’assunto recepito dai giudici di merito in base al quale assume rilievo causale nel prodursi dell’evento de quo la carenza di un’adeguata formazione del lavoratore, imputabile al datore di lavoro. Si ribadiscono al riguardo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi (Sez. 4, n. 39765 del 19/05/2015, Vallani, Rv. 265178) e l’adempimento di tali obblighi non é escluso né é surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro (Sez. 4, Sentenza n. 49593 del 14/06/2018, T., Rv. 274042; Sez. 4, n. 21242 del 12/02/2014, Nogherot, Rv. 259219).
3.Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.